venerdì 26 aprile 2024

STELLANTIS SENZA FRENI

Le ore successive allo sciopero del settore automotive a Torino sono state sorprendenti: i media hanno annunciato l’aumento dei compensi che si sono riservati i vari dirigenti del gruppo Stellantis, in primis il Ceo Tavares. Al contempo è stato annunciato l’azzeramento del lavoro reale a Mirafiori, in virtù del contratto di solidarietà, anche per i 1.174 operai impiegati sul modello di punta dello stabilimento torinese: la Fiat 500 elettrica. E così Stellantis dopo aver collocato in solidarietà i dipendenti della linea Maserati fino a dicembre, ha replicato la misura. Si parla di riapertura a settembre. D’altronde a Mirafiori si produce un unico modello, la 500 elettrica: troppo cara per essere un’auto da 100.000 pezzi all’anno, probabilmente.

La tempistica dell’annuncio di Stellantis mette in evidenza il totale scollamento, il disinteresse, nonché la sicurezza con cui si muove la proprietà. Sono prassi ottocentesche, padronali. Il 70,2% degli azionisti di Stellantis ha approvato lo stipendio del Ceo Carlos Tavares nel 2023: ben 36,5 milioni di euro l’anno, in aumento del 56% rispetto al 2022. Una cifra pari all’incirca a 1.200 volte quello che percepisce un operaio di Stellantis. Certo, in confronto a un giocatore di calcio che corre dietro a un pallone pare un modesto impiegato: ma questo dà ancor più l’idea di un mondo malato.

Esiste un limite in questa sperequazione? Esiste un limite in sé in un mondo che ha deciso che il concetto di libertà non può avere alcun limite, soprattutto per quanto la distruzione dei diritti sociali? Quando si raggiungerà il rapporto 1 a 100.000 lavoratori continueremo a non parlare di ricchi e di poveri, di furto? Continueremo a parlare invece di “meritocrazia” in una società ormai divisa in caste?

È interessante il pensiero franco dello stesso Tavares, a cui è stato domandato perché la nuova Alfa Milano, poi ribattezzata in Junior, non sia fatta in Italia: «Se prodotta in Italia costerebbe 40.000 euro anziché 30.000» ha detto. Sottolineando che il margine di profitto della produzione in Polonia è buono. «Ma non è questa la questione», «impostazione ideologica»: già si sente la tiritera di chi difende a spada tratta questo meccanismo fondato sulla lotta di classe tra poveri.

Mi ha fatto molta impressione il giorno della marcia che ha attraversato Torino, sentire come richiesta principale da parte dei sindacati questa frase: «Meloni deve convocare Tavares». Cosa dovrebbe dire costei a Tavares è ignoto. Forse dovrebbe promettergli soldi, sempre lì siamo, affinché tenga qualche minima produzione a Mirafiori e in Italia? I famosi “incentivi”. L’idea in sé non è peregrina perché non sarebbe una novità: è sempre stato così in fondo. Ma qui davvero il problema è un altro: a Stellantis non importa nulla dei pochi spiccioli che può offrirgli lo Stato italiano strozzato dai debiti. I rapporti di forza oggi presenti nella società, e quindi la gravissima debolezza della stessa democrazia ormai privata di ogni forza riconducibile ai corpi intermedi, in primis partiti e sindacati, è di fronte a noi.

La presidente del Consiglio non convocherà Tavares perché sa che questo ricco amministratore delegato potrebbe ignorare tale “convocazione”, oppure rispondere con qualche umiliazione pubblica come accaduto per Torino e Mirafiori. Il capitalismo attuale si è mangiato tutto: rimane qualche forma esteriore buona a intrattenere il pubblico la sera, all’ora del Tg.

Maurizio Pagliassotti (dal sito di “Volere la luna”, 26/4/24)

L’ETICA DEL LAVORO OGGI

Di Calvino - Giovanni il riformatore ginevrino - in Italia si sa molto poco e in genere, nell’immaginario di chi sa collocarlo nel tempo e nella storia del cristianesimo, il suo pensiero si riconduce ad un tema specifico: un’etica puritana severa e rigorosa che si esprime, soprattutto nella dedizione del lavoro.

Molto di questa vulgata si deve alla mediazione di Max Weber, autore del fortunato saggio - forse più citato che letto – L’etica protestante e lo spirito del capitalismo.

Ormai 120 anni fa quel volume diede forma sociologica al nesso tra un presupposto teologico - la grazia di Dio - e le sue conseguenze sul piano economico e sociale a iniziare dall’operosità di chi scopriva che la vita cristiana si poteva esprimere anche nella dimensione intramondana del lavoro e delle relazioni economiche. Schematizzando dall’oratorio al laboratorio.

Nonostante rivisitazioni e qualche revisionismo, questa tesi ha retto a lungo, almeno nella lunga fase del capitalismo produttivo, quello che, all’interno di sistemi di fabbrica, generava merci e strutturava le classi sociali.

In quel contesto, l’etica protestante si esprimeva in una particolare attitudine che, grazie a una forza morale interiore, attraverso il lavoro riusciva a migliorare gli individui e ad indurre un virtuoso processo di crescita economica dell’intera società.

Questa classica interpretazione di per sé corretta, sottovaluta però un elemento: quella “forza morale” che anima il calvinista operoso si esprime in un preciso concetto teologico la vocazione…

brano tratto da un articolo di Paolo Naso

(da “Riforma”, aprile 2024)

I DIRITTI SONO A RISCHIO. L’EUROPA TORNI AL CENTRO

Lavoro, ricerca e sanità pubblica. Manifesto liberale contro il governo.

La lettera di cento intellettuali, avvocati e imprenditori:

“E’ questa l’Italia che vogliamo?"

(da “La Stampa” 16 aprile 2024)

 IN CAMMINO SEMPRE

Dio ha risuscitato Gesù: annunciamo la lieta novella, sorelle e fratelli.

Gridiamolo con la nostra vita, con il nostro impegno quotidiano.

Gesù è vivo: fidiamoci di Dio.

Gesù ha vissuto le beatitudini perché si è fidato totalmente di Dio.

Le ha vissute nel quotidiano, ha fatto sua la vita dei piccoli e delle piccole.

O Dio, Sorgente di amore, aiutaci a metterci in cammino sui sentieri aperti dal profeta di Nazaret.

Tu puoi davvero cambiarci il cuore, gli orizzonti, la vita.

Un giorno vicino il cammino finirà.

E noi saremo con Te per sempre.

Franco Barbero (da “Preghiere d’ogni giorno”)

giovedì 25 aprile 2024

LA MIA PATRIA

La mia patria è una ferita aperta da mille anni, inchiostro caldo che scrive con dignità una bella e triste melodia.

Manda in estasi la coscienza ingannevole del mondo.

Fa cadere lacrime di coccodrillo.

La mia patria è un cavallo purosangue che ha dato un nuovo senso al significato della pazienza.

Cavalca con il vento su una strada impervia.

E non arriva … arriverà.

Resiste e sopporta gli schiamazzi e gli scherzi del mondo

E ci ride sopra.

La mia patria è la densità della pazienza… lo stesso colore… lo stesso sapore.

La mia patria un milione di amanti… un milione di sognatori.

Vogliono che la mia patria sia un pallone ottagonale

Calciato da un bambino viziato…

Per far ridere le scimmie e porci.

Odeh Amarneh, scrittore e poeta palestinese

(Marzo 2024, Tempi di Fraternità)

Ecco l’inverno è passato

Ecco, l’inverno è passato,

il tempo delle piogge è finito,

se n’è andato;

i fiori spuntano sulla terra,

il tempo del canto è giunto,

e la voce della tortora si fa udire

nella nostra campagna.

Il fico ha messo i suoi frutti,

le viti fiorite esalano il loro profumo.

Cantico dei cantici 2,11-12

LA TUA VOCE

Signore, nostro Padre, facci sentire oggi la voce di Gesù perché noi possiamo metterci alla sua sequela accogliendo il suo invito ad una totale comunione di vita:

“Ecco, io sto alla porta e busso: se uno sente la mia voce e mi apre, io entrerò da lui e cenerò con lui, e lui con me” (Ap. 3,20).

E’ tutta lì la vita di un discepolo: crescere nella comunione con il suo Signore.

O Signore, Tu ci parli sempre delle Tue meraviglie, ma noi continuiamo a non vederle.

Questo tempo ci sembra sempre più povero di speranza

e sempre più ricco di oppressione e di monotonia.

Sappiamo che la Tua promessa non delude, ma come mai è così difficile tenerla viva?

Abbiamo imparato persino a penetrare nel cuore dell’atomo, ma non sappiamo vedere i segni che ci dai in questo tempo.

Tutto il mondo ci parla di noi e delle opere delle nostre mani:

Tu sembri il grande assente tra mille evidenze.

I signori di questo mondo impongono la loro presenza;

Tu, invece, nascondi la Tua gloria nella povertà delle cose.

Le Tue opere sovente sono molto diverse da ciò che noi ci aspetteremmo da Te; di esse ci giunge soltanto e a stento

un’ombra, come una eco lontana.

Le nostre “cose” fanno ressa e urgono alla porta del nostro cuore; la Tua presenza, invece, è discreta, attenta a non imporsi, ma a proporsi.

Perché questo, o Signore, è il Tuo stile, la povertà che Tu hai scelto; è la strada della proposta libera, che non vuole farci violenza.

Franco Barbero, 1988

Una piccola vittoria per il clima

Non capita tutti i giorni che la Svizzera sia al centro dell’attenzione internazionale, e forse avrebbe potuto farne a meno. Il 9 aprile molti giornali stranieri hanno parlato della sua condanna per “inazione climatica”. Con un verdetto senza precedenti, la Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha accolto il ricorso dell’associazione Ainées pour la protection du climat, anziane per la protezione del clima, che chiedeva al paese di fare di più contro il cambiamento climatico. Dopo la partecipazione di massa agli scioperi per il clima, e accanto a forme di attivismo più discusse come la disobbedienza civile, il ricorso alla giustizia è sempre più spesso considerato uno strumento di

pressione efficace. L’estate scorsa alcuni giovani hanno vinto una causa contro lo stato del Montana, negli Stati Uniti, sostenendo di avere il diritto costituzionale a un “ambiente pulito e sano”.

Mentre il riscaldamento globale avanza e il marzo 2024 è il decimo mese consecutivo più caldo mai registrato, le firmatarie del ricorso hanno solide argomentazioni scientifiche a loro favore. Hanno infatti sottolineato un aspetto indiscutibile del cambiamento climatico, cioè l’aumento delle ondate di calore e il fatto che provocano una crescita netta della mortalità tra gli anziani. Questo è bastato alla corte per stabilire che i loro diritti erano stati violati.

La sentenza ha suscitato reazioni virulente da parte dei partiti di destra, secondo cui la corte si sarebbe avventurata in un terreno politico che non le compete. Di sicuro non è mai piacevole subire critiche, soprattutto quando gli altri paesi sono tutt’altro che esemplari. Ma d’altro canto sarebbe lecito aspettarsi che la Svizzera, con il suo alto tenore di vita e la sua grande capacità d’innovazione, s’impegni di più. Dopo il verdetto della Cedu, il paese ha il dovere di rivedere il suo atteggiamento rispetto al clima. Il governo e il parlamento devono assumersi le loro responsabilità davanti a un fenomeno che

minaccia i diritti umani della popolazione. Bisogna applicare in modo ambizioso la legge sul clima del 2023, che ha l’obiettivo di azzerare le emissioni nette entro il 2050. Nel referendum del 9 giugno gli elettori potrebbero dare un altro segnale approvando la legge per l’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili.

Pascaline Minet, Le Temps, Svizzera

(Internazionale 1558 – 12 aprile 2024)

mercoledì 24 aprile 2024

25 aprile: resistiamo alla guerra

SÌ alla non partenza di figlie/i, nipoti, padri e madri per la guerra

SÌ alle trattative di pace. La Pace ha un prezzo, per non avere uccisioni (1 ml di morti nei prossimi 10 anni) e distruzioni di intere città e paesi dobbiamo organizzare uno scambio e un accordo sui territori e sui confini fra stati.

SÌ al rispetto del ripudio della guerra (art.11) e ritiro delle truppe italiane dai paesi confinanti le guerre.

SÌ allo scioglimento della Nato (organizzazione aggressiva e promotore di guerra nel mondo).

SÌ alla promozione della cultura della pace nelle scuole e alla riconversione dell’industria bellica in attività sociali e di sperimentazione di forme alternative e nonviolente di difesa;

SÌ alla difesa dei diritti umani in alternativa alla difesa militare. Creazione di strutture istituzionali. per la difesa popolare nonviolenta con il compito della risoluzione delle controversie con metodologie nonviolente.

SÌ al diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare
SI alla protezione di renitenti e disertori
SI al mantenimento dello stato di diritto e non al codice militare o stato di guerra

NO alla guerra in Europa e in Palestina, no all’invio di armi in zone di conflitto; no alla partecipazione italiana al conflitto, no al ripristino della leva militare, no alle missioni militari all’estero

NO all’economia di guerra, alla riduzione della spesa sociale per finanziare l’industria delle armi, no al riarmo e alla produzione ed esportazione di armamenti

NO alla propaganda militare nelle scuole e università, no alla ricerca bellica nelle nostre scuole, no alle politiche di schedatura e repressione del dissenso contro la guerra

Fuori l’Italia dalla guerra
OBIETTIAMO E DISERTIAMO

Lega Obiettori di Coscienza, via M. Pichi 1, Milano

(da Pressenza, 23.04.24)

E’ BELLO DAR LODE AL SIGNORE

E’ bello dar lode al Signore

e cantare al tuo nome,

o Altissimo,

annunziare al mattino il tuo amore,

la tua fedeltà lungo la notte,

sull’arpa a dieci corde e sulla lira,

con canti sulla cetra.

Poiché mi rallegri, Signore,

con le tue meraviglie,

esulto per l’opera delle tue mani.

dal salmo 9

NASCE IL SOCIAL FORUM DELL’ABITARE PER IL DIRITTO ALLA CASA E ALL’ABITARE

Sono 18 milioni le famiglie italiane (il 70,8% del totale) proprietarie della casa in cui vivono, di cui il 12,8% – 3,3 milioni di famiglie – attraverso un mutuo, ma sono più di 5 milioni (20,5%) quelle che vivono invece in affitto: 12 milioni di persone concentrate soprattutto nelle grandi aree metropolitane. A vivere in affitto sono soprattutto le famiglie meno abbienti, quelle più giovani e i migranti: il 74% delle famiglie straniere, il 50% delle persone sole con meno di 35 anni, il 40% delle giovani coppie senza figli, il 35% delle persone sole di 35-64 anni, di quelle in reddito di cittadinanza e delle donne sole con figli minori. Tra queste sono quasi 3 milioni le famiglie che spendono per la casa una quota uguale o superiore al 40% del reddito disponibile per un affitto – una soglia riconosciuta internazionalmente come molto critica – che spesso non riescono a sostenere e vengono sfrattate: nel 2022 sono state oltre 42.000 le nuove sentenze e più di 30.000 gli sfratti eseguiti. Per affittare un bilocale di 70mq nelle otto principali città italiane si spendono in media 1.000 euro al mese, che nelle zone centrali raggiungono prezzi ancor più proibitivi. Ai primi posti Roma e Milano, con una media rispettivamente di 1.400 e 1.300 euro.

Sono alcuni dei dati del documento di convocazione dell’assemblea nazionale del Social Forum dell’Abitare, che si è svolta nei giorni scorsi a Bologna e che ha visto la presenza di oltre 300 partecipanti, i quali hanno sancito la nascita di un’ampia coalizione che si batte per il diritto alla casa e, più in generale, per un abitare accessibile, giusto e sostenibile. Un’iniziativa promossa da Agevolando, Alta Tensione Abitativa, Arci, Banca Etica, Cgil, Chiediamo Casa, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA), Comitato Abitare in via Padova, Comunità San Benedetto al Porto, Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora (fio.PSD), Forum Cambiare l’Ordine delle Cose, Forum Disuguaglianze e Diversità, Gruppo Abele, Legambiente, Nuove Ri-Generazioni, Ocio Venezia, Rete Nazionale Coabitare Solidale, Sbilanciamoci!, Solid Roma, Spin Time Labs, Sindacato Unitario Nazionale Inquilini ed Assegnatari (Sunia), Unione degli Universitari (Udu) e Unione Inquilini, alla quale si stanno sempre più connettendo associazioni, sindacati, studenti, finanza etica, ricerca, terzo settore, attivismo ambientalista, femminista, LGBTQUIA+ e antirazzista.

Il documento pone l’accento sulla carenza strutturale di alloggi pubblici e sulla mancanza assoluta di politiche pubbliche per la casa. “Le politiche abitative messe in campo dagli anni ’90 – si legge nel documento – hanno fatto in modo che l’edilizia residenziale pubblica non fosse più considerata un asse strategico del Paese, fondamentale per la coesione sociale e il benessere dei cittadini, ma si trasformasse in contenitore per i più poveri destinando agli altri l’affitto o un mutuo trentennale come dimostrazione di ascesa sociale. Quando – anche a causa di questa scelta – la mobilità sociale si è capovolta, precipitando in povertà anche il ceto medio, il potere persuasivo dei monopoli immobiliari e finanziari aveva ormai occupato lo spazio della politica imponendo le sue priorità. La controprova sono le 700.000 domande inevase di casa popolare che giacciono da decenni nei cassetti dei Comuni, impedendo l’accesso all’abitazione delle classi popolari in precarietà abitativa.”

Il mercato come regolatore unico della condizione abitativa ha preso quindi il posto del governo pubblico dell’abitare, sostituendo un modello imperfetto con una efficiente leva immobiliare che ha incentivato la speculazione edilizia e il consumo di suolo soprattutto nelle aree metropolitane. Gli ultimi colpi assestati al diritto alla casa per tutte e per tutti sono stati: la cancellazione del Fondo di Sostegno all’Affitto e della morosità incolpevole, che ha privato le amministrazioni locali dell’ultimo parziale strumento utile per arginare il fenomeno degli sfratti; la cancellazione del Reddito di Cittadinanza e della parte che contribuiva all’affitto; il definanziamento di alcuni importanti progetti del PNRR volti alla rigenerazione, soprattutto sociale, di quartieri popolari; la scelta di dismettere il sistema di accoglienza, che essendo l’unico motore istituzionale volto all’inclusione anche abitativa dei migranti, avrà come conseguenza l’aumento del numero di persone costrette ad arrangiarsi.

Il Social Forum dell’Abitare nei tre giorni bolognesi ha lanciato ben 19 proposte per cercare di imprimere nel Paese un cambiamento radicale in tema di diritto all’abitare, recuperando innanzitutto la funzione sociale del pubblico in tutte le sue dimensioni, con una vertenza nazionale che restituisca a tutti i cittadini e a tutte le cittadine la titolarità dei diritti inalienabili. Parlare di nuova centralità del pubblico significa necessariamente un’integrazione con la dimensione sociale in grado di considerare l’abitare come parte integrante del welfare e significa rivedere totalmente il modello urbano. Bisogna integrare il tema dell’abitare con quello del lavoro, della qualità della vita delle persone, a partire dalle periferie e coniugare la promozione sociale e culturale con la capacità di progettare un futuro, incentrato sulla sostenibilità ambientale, sulla lotta alle disuguaglianze sociali e su un’ecologia integrale.


(23.04.24 - Giovanni Caprio – Pressenza)

 BREVISSIMA E… INCOMPLETA RASSEGNA DI STRUMENTI PER LA PACE

CENTRO “NUOVO MODELLO DI SVILUPPO”

[indirizzo: via Barra, 32 – 56019 Vecchiano (PI) - e-mail: coord@cnms.it - sito: http://www.cnms.it/ - tel.: 050826354 – fax: 050827165]

L’attività del Centro si concretizza nella stesura di guide per informare i consumatori sul comportamento delle imprese, nell’organizzazione di campagne, in suggerimenti sugli stili di vita. Un piccolo contributo per un grande cambiamento.

LIBERA

“Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” è nata il 25 marzo 1995 con l’intento di sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere legalità e giustizia. Attualmente Libera è un coordinamento di oltre 1500 associazioni, gruppi, scuole, realtà di base, territorialmente impegnate per costruire sinergie politico-culturali e organizzative capaci di diffondere la cultura della legalità. La legge sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, l’educazione alla legalità democratica, l’impegno contro la corruzione, i campi di formazione antimafia, i progetti sul lavoro e lo sviluppo, le attività antiusura, sono alcuni dei concreti impegni di Libera.

CIPAX

[indirizzo: via Ostiense, 152 – 00154 Roma – tel.: 0657283747 – cipax-roma@libero.it – sito: http://www.cipax-roma.it]

Centro interconfessionale per la pace che da anni opera per promuovere, coordinare e divulgare iniziative in diversi settori della vita sociale ed ecclesiale italiana e internazionale. Riconosciuto come efficiente organizzatore di momenti di collaborazione ecumenica e punto di riferimento per attività di sostegno al Terzo Mondo con particolare attenzione ai paesi dell’America latina.

CENTRO GANDHI a PISA

[sede principale: via Santa Cecilia, 30 – 56127 Pisa – tel. 050542573 - mail: centro@gandhiedizioni.com – sito: www.gandhiedizioni.com]

Il Centro Gandhi per la nonviolenza, fondato nell’anno 2000 dispone nella sede di Pisa di una biblioteca e di una cineteca di oltre trentamila volumi sui temi dei conflitti e della nonviolenza.

Promuove in collaborazione con l’UNESCO progetti di educazione alla pace in scuole di ogni ordine e grado e nella Università.

Pubblica la rivista semestrale Quaderni Satyagraha che si può ricevere attraverso l’abbonamento annuale.

ADISTA

[indirizzo: via degli Acciaioli, 7 – Roma 00186 – Tel.: 066868692 – fax: 066865898 – e-mail: adista@mclink.it – sito: www.adista.it]

Agenzia di stampa che da quasi cinquant’anni diffonde notizie e documenti dal mondo cattolico, e non solo, con spregiudicata, ma meticolosa, attenzione ai movimenti di rinnovamento ecclesiale, alle iniziative di riforma sul piano istituzionale, alla produzione teologica innovativa sia in Europa sia nel mondo.

Negli ultimi anni ha cadenza settimanale con due fascicoli, uno di notizie e uno di documentazione. Raggiunge settori della chiesa istituzionale ed è molto diffuso tra le realtà di base.

martedì 23 aprile 2024

 DA CHIESE A ONG?

C’era una volta, in Europa, lo Stato sociale anche se – in realtà – le Chiese non hanno mai abbandonato l’intervento diretto nel sociale e, anzi, ne hanno sottolineato con ragione il carattere insostituibile. Qualcuno, nelle comunità cristiane, teme la trasformazione della Chiesa in Ong.

Il rischio è effettivo, come sempre accade in una situazione inedita, ma costituisce una fatalità.

Fulvio Ferrario – Professore di Teologia dogmatica

presso la Facoltà valdese di Teologia di Roma

(da Confronti – Aprile 2024)

LA LIBERTA’ DI STAMPA AL TEMPO DELLA GUERRA

Il New York Times ha dato istruzioni ai giornalisti che si occupano della guerra di Israele nella Striscia di Gaza di limitare l’uso dei termini “genocidio” e “pulizia etnica” e di “evitare” di usare l’espressione “territorio occupato” quando descrive la terra palestinese, secondo un rapporto copia di una nota interna ottenuta da “The Intercept”.
Il promemoria dà inoltre istruzioni ai giornalisti di non usare la parola Palestina “tranne in casi molto rari” e di evitare il termine “campi profughi” per descrivere aree di Gaza storicamente abitate da palestinesi sfollati espulsi da altre parti della Palestina.
Le aree sono riconosciute dalle Nazioni Unite come campi profughi e ospitano centinaia di migliaia di rifugiati registrati.


22.04.24 – Pressenza

 NEL SILENZIO

Ascolta il silenzio!

Il suo linguaggio è senza rumore.

Non le parole pronunciate, non le parole scritte,

ma il silenzio parla….

Nella profondità del silenzio, ascolta il muoversi del tempo,

della natura, degli uomini e dello spirito…

Guarda il mondo,

ha distrutto il silenzio salutare,

l’uomo diventa infelice, va a caccia di queto silenzio:

silenzio-gioia, silenzio-pace, silenzio-giustizia,

silenzio che fa sorridere e danzare il mondo….

Rifletti, prega, impara a vivere ed a soffrire nel silenzio di Dio.

Il suo silenzio viene a spezzare i nostri falsi ed amari silenzi.

Silenzi-paura, silenzi-angoscia, silenzi-inquietudine,

silenzi-morte…

Ora, nel silenzio, spera, per te e per tutti,

un mondo migliore, intessuto di amicizia.

Per questo, nel tuo silenzio,

ascolta il gemito dei senza-parola, dei prigionieri

e degli oppressi,

ascolta le grida degli affamati, dei disoccupati,

di chi non ha genitori,

di chi non ha figli, di chi non ha patria, di chi non ha casa….

Nei battiti del tuo cuore, ascolta, per sentirle bene,

le amare sofferenze della terra….

Nel silenzio,

ascolta gli uomini soli, ascolta le loro grida di solitudine,

vivi con loro e muori per loro,

nel silenzio del tuo cuore….

Wanir Welepane – Nuova Caledonia


PS: Questa è spesso la mia preghiera del mattino

Franco Barbero